Si definisce come “corsa” l’andatura composta da una prosecuzione di balzi in cui un piede rimane a contatto con il terreno per poco, prima di staccarsi da terra insieme al resto del corpo per poi atterrare con l’altro piede. Essere un corridore, per certi versi, vuol dire quindi stare in volo, restare in aria e balzare verso l’alto. Certe volte però alcuni corridori decidono che questo balzare in aria momentaneamente, solo per spostarsi in avanti, non basta, e scelgono quasi di invertire questa equazione e salire davvero, davvero in alto.
Luca Albini è sicuramente uno di questi atleti; un corridore di montagna completo che si è fatto grande interprete delle gare “only up”, dove vince chi è il più bravo a salire erte spesso ripidissime. Tra le varie discipline che la corsa offre, il Vertical è forse una delle più faticose, delle più violente, perché ti costringe a dare tutto e subito, su un terreno che in realtà non sarebbe nemmeno adatto alla corsa.
In questi anni le Vertical affrontate da Luca sono state tantissime e di altissimo livello; sono diventate il segno distintivo di un atleta che ama tutto quello che ha a che fare con la montagna: corsa, MTB o anche semplicemente una bella camminata. Il tratto caratterizzante di Luca, però, è quello di saper offrire il meglio di sé su quei Vertical ancor più verticali (se possibile), dove le pendenze sembrano sfidare la fisica e il dislivello si impenna ben oltre i mille metri. Proprio su questi terreni, dove la maggior parte degli atleti si spegne, Luca sa offrirsi in tutto il suo splendore sportivo, prendendo sempre più le sembianze di uno camoscio.
Le dieci domande a Luca iniziano con quella forse dalla risposta più banale e scontata, soprattutto dopo questa introduzione, ma le restanti nove sono da leggere tutte d’un fiato.
Ecco a voi Luca Albini, il “Camoscio della Valle dell’Albano”
Negli anni ti sei ritagliato un ruolo importante nel mountain running comasco. Dicci, quali sono i tipi di gare che preferisci e perché?
Le gare che preferisco sono quelle di sola salita, con dislivelli importanti tipo km verticale. Col tempo ho anche capito che se sono più di mille metri di ascesa e’ meglio, perché sono un po’ lento a carburare e mi ci vuole un po’ a prendere il ritmo giusto. Poi mi piacciono molto le skyrace, anche se negli ultimi anni per via di un infortunio “mai curato” non ho potuto praticarle molto. Insomma, quando si parla di corsa in montagna, in generale mi piace tutto.
Anno nuovo squadra nuova. Come mai la scelta di passare nella neonata Atletica Pidaggia 1528?
Ho deciso di passare all’Atletica Pidaggia perché ancora prima che nascesse la squadra, ho avuto modo di conoscere meglio le persone che la stavano componevano, e questo è accaduto sui campi gara dove gareggio. Da lì ho sentito subito la passione che anche loro hanno per la montagna e per questo bellissimo sport, così ho pensato che mi sarebbe piaciuto far parte di un gruppo dove la corsa in montagna è messa in primo piano.
Quando è compara la scintilla che ti ha fatto capire che la corsa è lo sport che ami?
La scintilla per la corsa si può dire che sia scattata già da bambino, perché non stavo mai fermo e correvo dappertutto. Non ero nemmeno capace a camminare e in montagna, quando ero dai nonni, se usciva il pallone dal cancello e rotolava fino al paese sotto, ero sempre io come una saetta a rincorrerlo. Alle scuole elementari e medie praticavo corse campestri e pur non allenandomi specificatamente ero forte. Poi però nell’adolescenza, come capita a buona parte dei ragazzi, mi sono venuti altri interessi come la moto, gli amici, il bar, le ragazze e le sigarette. Si, le sigarette anche. Ho fumato anche un sacco di sigarette fino a 30 anni. A quel punto mi sono reso conto che mi mancava qualcosa per essere contento, mi sono tornate in mente le corse su e giù per i prati, le pedalate con la bici nei boschi e allora ho preso le sigarette e l’accendino e li ho buttati letteralmente via! Dopo poco ho preso prima una bici da corsa, poi una MTB e ho iniziato a pedalare inizialmente per rimettermi in forma e poi ho anche iniziato a gareggiare. Ero contento, ma non ancora del tutto appagato perché la mia indole era ed è quella di correre a piedi. Non so perchè, ma mi sento completamente a mio agio quando lo faccio, mi viene naturale, così mi è tornato in mente quel bambino che correva giù per i prati dietro una palla e da quel momento mi sono ritrovato. Credo che non potrei più stare senza correre adesso, perché è vero che in un allenamento o in una gara si soffre e si fa fatica, ma se dovessi stare fermo soffrirei il doppio.
Lo scorso anno hai “perso” il Vertical Tremezzina in una sorta di volata, per via del tuffo del Maxi De Bernardi. Se potessi tornare indietro a quel preciso istante, ti tufferesti anche tu per cercare di vincere ?
Se potessi tornare al momento del tuffo … no, non mi tufferei perché avevo finito tutte le energie per poterlo fare! Anche se sembra facile potersi buttare, in realtà in quel momento avevo già dato tutto per riprenderlo e passarlo, quindi quando l’ho sentito e visto ritornarmi sotto, vicino al traguardo, ho stretto i denti per non mollare e vincere ma lui ha avuto ancora quell’energia per tuffarsi. Un’energia che a me mancava.
Dopo il Marathon Trail di ottobre chiuso al secondo posto, non ti abbiamo più visto impegnato nelle gare. Come mai?
Dopo il Marathon Trail mi sono fermato per un infortunio che in questi anni ho sempre sottovalutato e quindi trascurato. Una contrattura addominale che col tempo si è fatta sempre più insistente, fino ad arrivare a fermarmi del tutto. Ho praticamente fatto per tutta la stagione corse “verticali”, perché col passo corto riuscivo a gestirla e infiammarla poco. Poi verso fine stagione ho fatto tre skyrace a cui tenevo, e li mi ha presentato il conto fermandomi al 100%
Quale altro sport pratichi oltre alla corsa?
Oltre alla corsa mi piace molto andare in bici, sia strada che MTB. La bicicletta la trovo molto utile soprattutto dopo gare muscolarmente pesanti, mi aiuta a restare attivo senza sovraccaricare le articolazioni. D’inverno mi piace lo sci alpino e mi piacerebbe provare anche lo sci alpinismo.
Hai un posto preferito dove ami allenarti?
Generalmente mi alleno dove mi capita perché col mio lavoro devo sfruttare le pause, quindi incastrare gli allenamenti. Un posto preferito comunque ce l’ho, anche se purtroppo appunto per via del lavoro e della distanza dalla mia nuova casa non riesco molto a frequentarlo. Si trova nell’Alta valle Albano, non molto comoda da raggiungere ma quando sono lì mi trovo ad un passo dal cielo. C è un bel giro da fare a cavallo tra Italia e Svizzera: ecco, lì mi sento a casa.
In media, quando sei nel pieno della forma, come gestisci i tuoi allenamenti? Riesci ad allenarti tutti i giorni?
Quando sono nel pieno della forma i miei allenamenti sono quattro alla settimana più gara alla domenica o, se non gareggio, faccio un bel lungo. Solitamente non mi alleno tutti i giorni perché non me lo permette il mio fisico, ho bisogno di riposarmi per recuperare altrimenti al posto di migliorare mi sentirei troppo stanco e fuori forma.
Hai un preparatore atletico che ti segue o che ti consiglia oppure fai tutto tu?
Si c’è un ragazzo, “un amico”, che mi segue, mi consiglia e mi aiuta nel preparare le gare. Lui mi dice cosa fare, ma comunque alla fine mi devo sempre sentire io se è giusto fare un lavoro o meno in quel momento. Sta di fatto che per avere dei risultati, aiutati da qualcuno o meno, bisogna fare tanta fatica e consumare parecchie scarpe.
Cosa ti aspetti dalla stagione sportiva 2019?
Da questa stagione la cosa che vorrei tanto è poter innanzitutto guarire da questo infortunio il prima possibile. Questa sarebbe la mia prima e più grande vittoria perché fare un lungo periodo fermi come è successo a me, senza più nemmeno poter andare in bici dopo che si è abituati ad allenarsi spesso e duramente, è davvero brutto. Poi tutto quel che arriverà a livello di risultati quest’anno sarà in più, e passo dopo passo punterò a ritornare competitivo.