Da chi iniziamo a parlare nell’articolo delle gare del weekend? Probabilmente da nessuno. Inizieremo da qualcosa.
Se è vero che leggere è un viaggio, allora l’arte della scrittura diventa il mezzo che permette al lettore di poter viaggiare, diventa l’anello di congiunzione tra l’occhio che legge e la fantasia che elabora.
La capacità di riempire uno spazio bianco con delle parole, che una volta lette diventano immagini mentali, è di certo la scrittura che piace, quella che solletica la fantasia e che tiene il lettore più attento.
Questo preambolo non dovuto è solamente un modo diverso per aprire un articolo che parla di gare non parlando di gare. Già, perché andare a parlare di numeri e risultati non è l’arte della scrittura che piace a noi (se leggete spesso i nostri articoli, lo avrete già capito da un pezzo). A noi piace intraprendere la scrittura come una forma d’arte, e l’arte, si sa, non ha dei confini in cui contenerla.
Se fossi una betulla, vorrei vivere sugli splendidi sentieri del Trail del Monte Casto, se fossi un monoblocco di granito, vorrei farmi ammirare sul percorso della Val Bregaglia Trail, se fossi il Fiume Oglio tenterei in ogni modo di rallentare all’altezza di Verolanuova per farmi vedere da dei paesani con un nome cos’ bello, se fossi un banco di nebbia (senza rotelle), vorrei vivere sui percorsi della Laus Half Marathon di Lodi.
Per descrivere il nostro weekend in queste quattro gare, abbiamo voluto contattare qualcosa (ma proprio qualunque cosa come vedrete) di ognuno dei nostri atleti impegnati nelle varie gare, per chiedere un commento su quanto accaduto.
Così siamo andati ad esempio a contattare il sopracciglio sinistro di Alessio Vitali (che si è meritato pure la foto copertina), e gli abbiamo chiesto come è stata la sua domenica: “E’ stata fresca, sono stato in Val Bregaglia. Non capisco perché la gente copra ogni pare del corpo tranne noi sopraccigli, anche noi sentiamo il freddo! Poi mi sono bagnato di quel sudoraccio che cola giù da sopra che si ferma su di me e poi diventa freddo … guarda, una domenica da dimenticare. Due ore e diciotto di agonia, di gelo e ogni tanto passava una mano ad asciugarmi, che faceva più male che altro. “
Bella anche l’esperienza della barba di Luca Grassi:” Sono stato in Val Bregaglia, ho protetto il mento del mio idolo Luca per tutto il tempo della gara. Sai, l’aria era freschetta. Insieme a noi c’è sempre stato un quadricipite scolpito che non si è mai schiodato dal nostro fianco, due ore e quattordici e non si è mai allontanato. Chissà cosa voleva da noi…”
Ovviamente anche il quadricipite della gamba destra di Giuseppe Rigamonti ci ha raccontato la sue versione: “Ero in Val Bregaglia a pompare duro per spingere il corpo in avanti e c’era una barba che continuava a fissarmi. Non so cosa volesse, ma mi fissava. Devo essere sincero, non ho nulla contro le barbe, però crescono in una zona del corpo un po’ menzognera. Io non mento ma … loro?”
E poi, per chiudere con la Val Bregaglia, non potevamo non contattare l’alluce del piede destro di Denis Turcati:” Non so dove sono stato, era tutto buio e ogni tanto sbattevo contro una scarpa. A me della corsa non piace niente, se non la doccia alla fine di tutto. Ogni tanto guardavo l’illice al mio fianco, anche lui pareva sofferente, talmente tanto che minacciava di farsi uscire una bolla per protesta … lo capisco.”
Per quanto riguarda le Mezza Maratona di Lodi, abbiamo chiesto al polso destro di Danilo Forni di raccontarci come è andata:”E avanti, e indietro, e avanti, e indietro. Per un’ora e trentacinque la mia vita è stata questa. A volte urlavo al polso sinistro, che aveva con sé un orologio – quanto mancaaaaa! – ma lui non mi ha mai risposto perché noi polsi non abbiamo le orecchie” (sarebbe comodo però avere delle orecchie sui polsi no? Si può ascoltare meglio ai concerti solamente alzando le braccia, o anche nelle lezioni a scuola ecc.).
I capelli di Simone Paredi invece hanno vissuto emozioni forti:”Siamo stati rizzi in piedi per sessantanove minuti! Non so, ad un certo punto c’è stato uno sparo di inizio gara e ci siamo trovati all’inpiedi, con un vento fortissimo che si sbatteva contro di noi. Sembrava di essere a Gardaland, nelle curve il vento ci spostava un po’ a destra o un po’ a sinistra. Pazzesco, che figata…”
A Verolanuova invece ha passato una strana esperienza il pomo d’adamo di Nicola Buffa:“Mah, che dire, è stato un continuo su e giù … ad un certo punto ho sentito anche il sapore del sangue in zona. Ma la domenica mattina Nicola non può stare a casa a bere un prosecco che anche io sono più contento? Però essendo un pomo d’adamo, sono vanitoso e quindi devo dirvelo: siamo arrivati secondi. Il plurale è d’obbligo, perché senza di me col cavolo che si respira bene…”
Per concludere la passerella di commenti improbabili ma realmente rilasciati, dal Monte Casto ha voluto dire la sua anche la retina dell’occhio destro di Manuel Bonardi:”Ad un certo punto mi si sono parate davanti decine e decine di betulle, con la chioma gialla e il loro tronco bianco. Erano lì tutte in ordine sparso che mi guardavano. Manuel mi ha portato al Trail del Monte Castro, e che peccato che non ci sia stato il sole, perché anche con la pioggia le foglie avevano dei colori meravigliosi. Io amo i colori, è il mio lavoro guardarli insomma, e so notare il talento. I boschi del Trail del Monte Casto hanno talento cromatico. Spero di tornarci, per tre ore e cinquantaquattro minuti ho visto cose bellissime.”
Meno felice invece l’anca destra di Sandro Bonardi:”Boh. Di solito il Sandro quando usciamo a correre corre relativamente poco, e poi mi trovo sotto una bella doccia calda. Domenica siamo partiti e non si fermava più. Venti km e ancora a correre, trenta km e ancora a correre. Quaranta km e ancora giù da sta discesa. Mi stavo innervosendo, stavo già chiamando il mio amico nervo sciatico dicendogli di fare qualcosa, quando al km quarantaquattro ci siamo fermati. Cinque ore e quarantuno! Spero non succeda mai più … MAI!”