Nella cultura Tarahumara lo Sciamano è il guardiano chiamato a sovrintendere alla comunità, propiziando l’equilibrio fra il corpo umano e gli astri. I Tarahumara sono atleti eccezionali che, pur vivendo nella totale semplicità, partecipano e vincono ultramaratone su ultramaratone solo con i loro sandali “huarache”. Corrono senza gps, con abiti cuciti dalle loro donne e spesso a torso nudo. Consegnano al mondo del running che li osserva la loro semplicità.
Il popolo Tarahumara vive tra i canyon della Sierra Madre, nella parte settentrionale del Messico, e non è chiaro se Massimiliano De Bernardi, detto appunto lo Sciamano, sia un Tarahumara piombato sulla terra con le coordinate geografiche sbagliate, o se si sia ispirato a loro in un secondo momento. È invece certo che le sue affinità con i Tarahumara e le sue qualità sportive lasciano intravedere un gene Raràmuri molto radicato, che lo spinge a una corsa straordinariamente redditizia nella sua essenzialità.
In questi anni di corse il “Maxi” ha saputo ridimensionare il termine “eclettico”, una parola che normalmente rende bene la poliedricità di un atleta ma che con lui, invece, sembra quasi minimizzarlo. Maxi è un atleta che in qualsiasi competizione parte con i favori dei pronostici e che ha saputo offrire performance sportive di altissimo livello, vincendo tutto o quasi e diventando una vera e propria icona del running comasco.
Citare i suoi successi (oltre che un lavoro lunghissimo) sarebbe quasi riduttivo, perchè vorrebbe dire cercare di definire un personaggio in realtà senza limitazioni. Si potrebbe descrivere Massimiliano De Bernardi per ore, salvo poi scoprire che comunque non si è riusciti a dargli la dimensione che merita, perché Massimiliano De Bernardi è come il punto di Euclide, non ha dimensione, se non quella che di volta in volta decide lui stesso di darsi.

Come, quando e quanto ti alleni? Chessò, una tua settimana tipo (da non infortunato).
Se prendiamo come vero e assodato che il termine allenamento dovrebbe essere associato a un’attività fisica, atta a migliorare le proprie prestazioni in modo scientifico e ponderato, non sono la persona giusta per essere interpellata. Non mi alleno! Metto le scarpe, a volte la maglietta, il più delle volte mi porto dietro solo i capelli ed esco dalla porta.
Probabilmente sarei il miglior (o peggior) incubo di qualsiasi allenatore.
Bitume auto-respingente allergico al piano (ma qualche cazzata l’ ho fatta), il mio mondo sono i boschi e la montagna. Mi piacciono i sentieri che tagliano i boschi, le salite corribili, ma sopratutto quelle dure e tecniche (per non parlare delle discese).
La mia casa è la Val Sanagra, la dorsale del Bregagno e i suoi sentieri, fino a spingere i confini del territorio verso il Pizzo di Gino e la Galbiga. Le sgroppate per i monti mi occupano in genere un paio di volte a settimana, a volte capita una, a volte quattro o addirittura cinque, dipende dalla disponibilità, ma non mi faccio assolutamente problemi ad uscire con qualsiasi condizione di luce o atmosferica.
Quando il richiamo della foresta scende dalle valli, un “paio” di minuti li trovo sempre, ma fortunatamente, tra camminare, corricchiare o correre, alla settimana credo che tra gli 80km e i 110 km fatti sia una forbice corretta, con dislivello positivo (e altrettanto negativo) tra i 3500 e 5000/6000 m, con qualche punta anche sopra i 7000/8000 m
Ti alleni spesso col tuo cane Reit? Chi è più veloce in discesa tra voi due ?
Ormai ha 7 anni e mezzo e, da quando ha poco piu’ di un mese, fa parte della famiglia. E’ sempre fedele al mio fianco, pensa che, da quando è con me ho fatto circa un milione e mezzo di metri di dislivello positivo, e quasi 35000 km, pensate lui……..
Ormai conosce ogni sasso, ogni rovo, ogni zecca e ogni animale selvatico dei “nostri” sentieri. Tante volte mi ha riportato a casa lui, negli ultimi anni. L’ ho fatto soffrire un po’, ma per lui è sempre una gioia uscire con me.
Le discese., brutte bestie. Se parte è imprendibile, ma qualcosa da lui l’ho imparato.

Ti ricordiamo galoppare sulla corsia laterale del campo di Menaggio quando giocavi a calcio. Già allora mostravi la tua propensione per la corsa. Come ti è venuto il pallino di cambiare sport?
Innanzittutto, bisogna subito chiarire una cosa. Ogni tanto mi facevano galoppare, ma la maggior parte delle volte ero relagato in difesa. Stopper !
Nome arcaico che definiva il difensore centrale, figura che evoca bruti assassini alla ricerca di tibie e caviglie, marcantoni di due metri e montagne di muscoli.
Quindi, mi immaginate ? Mezzo rachitico di sessanta chili scarsi ( fortunatamente, negli anni qualche etto l’ ho messo su), che si ritrovava a marcare tori e bufali pesanti anche decine di chili in piu’, che solo con il fiato potevano spostarmi e farmi volare via. Eppure, funzionavo. In qualche modo, con un po’ di furbizia, un po’ di “cattiveria”, un po’ la velocità, probabilmente molti Santi del Paradiso, riuscivo quasi sempre a cavarmela. Di sicuro, tutti gli anni di calcio, mi hanno “indurito” parecchio. Meglio avermi in squadra che contro. Ero quasi contento quando mi beccavo una gomitata o una “stecca”, significava che stavo rendendo la vita difficile.
Forse mi son indurito troppo, ma dopo vent’ anni, non mi ritrovavo più nel calcio più moderno, molto meno pratico e “pane e salame”. Troppa lingua, troppe (giuste) modifiche tattiche e poi…… era arrivato Reit.
La Domenica ho giocato l’ ultima partita di Coppa (e doveva ancora cominciare il campionato), il Martedi’ ho salutato i compagni di squadra. Ero libero !
Come mai la scelta di tesserarti coi ragazzi della Pidaggia?
Dicono che con la vecchiaia si diventi più saggi ! Secondo me si perde anche un poco il lume della ragione (non che ne abbia in abbondanza). Ma matti anche Voi che mi avete tesserato Reit ! Questa era una condizione “sine qua non” per far parte di una squadra. Al di là di tutto, siete un gruppo entusiasta, determinato, ma anche guascone. Dei duri ma anche di cuore.
Quindi … perchè no ?!
Un raggio gamma minaccia di colpire la terra trasformando incredibilmente (ed inspiegabilmente) ogni essere umano in un animale. Quale animale vorresti diventare? E perchè?
Mi piacerebbe diventare una Poiana. Volteggiare sopra il lago e i monti senza fatica, scegliere le termiche giuste, da zero a mille in pochi minuti.
Non sarebbe semplice di sicuro, e la natura è splendida e crudele, ma è sempre un buon motivo per sognare
Sulle distanze classiche dell’Atletica Leggera (10km, 21km e 42km) hai dei tempi pazzeschi, pur non avendoli mai allenati. Non hai mai pensato di poterci dedicare più tempo trascurando per un attimo la montagna?
Mai pensato. Con tutto il rispetto, il mondo della strada non mi attira per niente, prendo quello che viene (ma mai dire mai). Il mondo di tabelle, minuti al km mi fà venir l’ orticaria. Meglio una bella zecca piantata nello stinco! Tanto per fare un esempio, ho partecipato ad alcune mezze maratone, a una maratona, tagliato il traguardo mi sembrava di aver partecipato ad un funerale.
In qualsiasi corsa di paese, trail, sky o vertical che sia, bene o male è sempre festa. E quando corro in modo “competitivo”, corro sopratutto per far festa. Altrimenti me ne starei solo soletto nell’eremo della Val Sanagra.
Oltre alla corsa ed alle (interminabili) escursioni in montagna, quale altri sport pratichi?
Quest’ anno, per vari motivi non mi son potuto dedicare ad altri sport ( ad esclusione della pesca ) Nelle stagioni passate praticavo Nuoto e Fit Boxe, erano un bel complemento. Spero di riuscire, da questo autunno, a riprendere.
Come ti è venuto in mente di tuffarti per vincere il Vertical Tremezzina?
Le cose, o le si fanno bene, o le si fanno insolite. E alla Storia piacciono i “colpi di testa”.
A parte gli scherzi, esiste un’ altro video fatto poco sotto l’ arrivo. Superato da Luca all’ultimo tornante in cemento, ero praticamente sconfitto nel fisico e nella mente. Poco prima di salire nel pratone finale mi sono addirittura piantato, con Luca che,improvvisamente, ha guadagnato parecchi metri. Poi, perché e per come non lo so( probabilmente grazie a Bruno De Maria, che mi ha incitato dicendomi qualcosa, del tipo che ero uno scoppiato o giu’ di li ), l’ ho recuperato e vinto. Alere flammam ! Mantenere. In ogni caso, l’ impresa è stata fatta prima, tirando tutta la salita ” contro ” avversari di prim’ordine, crollando e rinascendo quando nessun bookmakers avrebbe scommesso un centesimo.
Il tuffo è stato una coreografia, un ricordo per i posteri (probabilmente ero già avanti di qualche decimetro).
Si viene ricordati per il gesto, la vittoria è passeggera. E al popolo piacciono gli ” spettacoli “.
Possiedi una giacca a vento? (sappiamo che nelle giornate più fredde invernali sopra alla maglietta arrivi ad indossare anche un gilet)
L’ armadio è o era) ben fornito. Lo frequento poco. Al freddo ci si abitua. La mia filosofia è (naturalmente in controtendenza con tutte le prescrizioni mediche o ” logiche “): tieniti molto leggero, tanto dopo duecento metri sono già bello caldo. E nello zaino c’ e’ sempre tutto quello che serve.
Purtroppo, qualche anno fa, ho preso un virus che ha minato l’ integrità fisica. Ormai non sono più quello di una volta……
La tua montagna preferita? (dura sceglierne solo una, ma ti tocca)
Dico il Monte Grona, o la Grona. Montagna non alta ( poco piu’ di 1700 mslm ), ma severa, da rispettare.
A guardarla dal basso sembra piu’ compatta, quando ci sei in mezzo è un insieme di torrioni, placche, canali e pratoni con pendenze proibitive. Di sentieri semplici che la risalgono non ce ne sono, eppure è una soddisfazione raggiungerci la cima, la vista è impagabile.
Sarò salito centinaia e centinaia di volte, in qualsiasi condizione, con il gelo e un metro di neve al caldo torrido, fino ai diluvi universali.
Reperti fossili indicano la mia presenza fin dal lontano 1989 quando, con le mie gambe e 6 anni appena compiuti, raggiunsi la cima con papà Roberto e qualche anno dopo con mamma Chicca.
Conosco ogni sasso, ma negli ultimi anni sta cambiando. E delle volte non mi fido più a lanciarmi in discesa come un kamikaze, o forse sono io che, oltre a diventare vecchio, comincio ad avere paura.
