Di certo a vederlo prima di una gara i favori dei pronostici non cadrebbero mai su Simone Paredi; un tipo tranquillo che se ne sta in disparte, non si atteggia, non si mostra e non attira su di sé nessuna attenzione.
In realtà, andando a conoscerlo e scavando nella sua personalità, si scopre che egli assomiglia, per certi versi, a “Cavallo Pazzo”, il capo dei Sioux che a fine ‘800 sconfisse il Colonnello Custer ed il suo 7° reggimento di cavalleria dell’esercito degli Stato Uniti a Little Big Horne. Ci assomiglia perché anche Simone ha carisma, è trascinante nonostante un approccio tranquillo, è combattivo ed in gara è sicuramente uno di quei personaggi che non vorresti mai avere alle calcagna. Simone Paredi è un duro.
In lingua Lakota Cavallo Pazzo si traduce Tasunka Wintko, che significa folle, imbizzarrito. Simone Paredi è sicuramente il Tasunka Wintko dell’Atletica Pidaggia 1528, perchè anche lui è appunto “folle” e “imbizzarrito”, a suo modo. Arrivato quasi “per sbaglio” a stagione in corso, Simone si è rapidamente ricavato il suo spazio all’interno del gruppo, andando a ricoprire un ruolo cardine, instaurandosi come uno dei personaggi più carismatici, folli e liberi del team: un vero ed autentico spirito libero. “Cavallo pazzo” è un nomignolo che viene spontaneo conoscendo Simone, un atleta che può fare tutto ed il contrario di tutto, può costruire qualsiasi vittoria salvo poi distruggerla da un momento all’altro, perché lui è cosi: genio e sregolatezza.
In una stagione che lo ha visto grande protagonista del mondo della corsa in montagna, proprio a fine anno ha saputo stupire tutti, andando a siglare un 1h11’29” in Mezza Maratona impronosticabile, non per mancanza di capacità ma bensì per una sua totale improvvisazione della cosa. In un mondo podistico imbrigliato sempre più in tabelle, orologi gps e cardio, lo stile di corsa di Simone Paredi è sicuramente molto simile a quello di un cavallo che corre libero, che galoppa verso mete da definire; un cavallo pazzo, appunto, con l’aggettivo pazzo che identifica uno stile imprevedibile ed istintivo nel fare le cose, uno stile sicuramente affascinante, per certi versi.
Simone ha anche l’onere e l’onore di difendere i colori dell’Atletica Pidaggia 1528 in solitudine, esposto in un confine geografico che lo vede spesso unico esponente del team blu&orange, come un capo indiano che difende la propria terra. Un capo indiano in grado di affrontare gli eserciti armato solo di armi leggere e tanta follia.
Noi siamo andati a fargli le nostre dieci domande, parlando del suo passato, del suo presente e del suo futuro sportivo: ecco a voi le sue dieci risposte, in perfetto Paredi style.
Ciao Simone, arrivi da una stagione 2019 di altissimo livello, dove hai espresso ottimamente il tuo potenziale. Che obiettivi o progetti hai per il 2020?
Si, la stagione 2019 è stata molto buona, mi sono ritagliato qualche piccola soddisfazione e ahimé anche qualche delusione, però nel complesso il bilancio è positivo. Per la stagione 2020 l’obiettivo è quello di migliorarmi dal punto di vista atletico, sono ancora un “novellino” nel mondo del running, quindi ho ancora molte lacune da colmare.
Progetti? No, non ho mai progettato niente (a parte nel lavoro) mi piace vivere alla giornata, se trovo una gara che mi piace vado a farla ma difficilmente mi iscrivo in largo anticipo, ci sono troppe variabili in gioco: lo stato fisico,la voglia,gli impegni familiari e lavorativi….
Nel 2020 i Mondiali Master di sola salita si terranno in Austria, essendo tu un grande specialista delle gare “only-up”, ci stai facendo un pensierino?
I mondiali in Austria sono un evento molto interessante, potrei, ricollegandomi alla domanda precedente, sbilanciarmi nel dire che saranno un progetto per la stagione 2020.
Quindi incrociando le dita spero proprio di partecipare!
Come mai la scelta di tesserarti con le volpi della Pidaggia?
Nella mia prima stagione agonistica avevo la runcard, una scelta fatta in quanto mi addentravo in un mondo nuovo, dove non conoscevo nessuno.
Un giorno durante una gara ho conosciuto Manuel (Bonardi) e abbiamo corso quasi sempre insieme in quella competizione, scambiando anche qualche battuta; poi sul finale lui ha “deciso” di sbagliare strada … in realtà anch’io qualche km prima avevo sbagliato. Così nel post gara ci siamo ritrovati a ridere delle nostre disavventure!
Poi ci siamo salutati con i soliti luoghi comuni, “dai ci vediamo alla prossima”, ci sentiamo,facciamo…” non ci siamo più visti. Però in realtà capitava di sentirsi, così è venuta fuori la proposta di andare a correre nella Pidaggia…
L’idea mi piaceva, una squadra nuova senza storie alle spalle, fatta da un gruppo di amici, fatta per divertirsi in compagnia, e circa sei mesi dopo ho chiesto a Manuel se la sua proposta di entrare nella squadra era ancora valida e così in men che non si dica mi sono ritrovato volpe, e così divento la “volpe di Canzo “
All’interno dell’Atletica Pidaggia 1528 sei diventato un mito, un personaggio che “fa spogliatoio”, un cardine del gruppo. Che ambiente c’è nel “gruppo Pidaggia’”
Il gruppo Pidaggia è composto prevalentemente da amici, amici che erano tali anche prima della nascita della squadra, si può quindi affermare che la creazione del team sia stato come porre un sigillo sul loro legame.
Questo potrebbe lasciare pensare ad un gruppo chiuso, un po’ scettico verso gli estranei, ma in realtà le “volpi” non sono accomunate solo dalla loro reciproca amicizia, sono tutte persone stupende, orgogliose dello sport che praticano ma allo stesso tempo sempre umili, felici sia di vincere che di perdere perché quello che conta è la compagnia. Ma soprattutto sono dei campioni a prendersi ed a prendere in giro, ecco svelato il segreto. Per cui direi mi hanno accolto a braccia aperte nel gruppo perché avevano bisogno di una “vittima” nuova, uno da prendere in giro, non dentro o fuori dallo spogliatoio, ma bensì proprio per lo spogliatoio; si perché se anche i giornali ci mettono del loro per servire la battuta, ecco che magicamente io divento il “mito” della squadra, quello che vince e fa la doccia prima che arrivi il secondo classificato, e non si pensi che sia veloce nella doccia, perché i miei compagni volpacchiotti hanno provato ad aspettarmi anche un’ora prima che uscissi dallo spogliatoio!
In questo ambiente goliardico sono tutti benvenuti, bisogna solo essere in possesso di un requisito: essere “unici”. Unici come chi corre alle 4:30 del mattino prima di andare al lavoro, o chi lo fa alle 22:00 dopo il lavoro, chi corre col proprio amico a quattro zampe e puntualmente arriva sempre dopo di lui, chi ha un picco glicemico solo guardando una tavoletta di cioccolato e chi ha la pressione bassa anche dopo aver mangiato chili di liquirizia, oppure chi non sapendo più cosa inventarsi ha deciso di andare in bicicletta sull’acqua; insomma ce n’è per tutti i gusti, quindi se state pensando di tesserarvi in una squadra ed avete il coraggio di mettere in mostra la vostra unicità, tra le “volpi” sarete i benvenuti! (non siate troppo permalosi però ndr)
Tracciolino Trail 2019, forse la tua vittoria più bella in stagione. Com’è andata quella gara? Raccontaci …
Si, è stata una gara fantastica, con una conduzione da manuale, forse la prima volta in cui ho usato oltre alle gambe anche la testa per correre!
Ci tenevo a partecipare a quella gara perché si svolge in un contesto naturalistico molto affascinante, ci sono andato senza nessuna ambizione particolare, anche perché vedendo i nomi dei partecipanti la faccenda si faceva già dura prima ancora di partire.
La gara: siamo in tantissimi, quasi 500 persone tutti scalpitanti alla partenza … il primo tratto di gara è sulla pista ciclabile che costeggia il lago di Novate, saranno stati circa 3 km e già mi immaginavo una di quelle partenze “intelligenti ” da tre al km, invece con mio grande stupore no, partenza sobria tutti in gruppo lasciando lo spazio per scambiare qualche battuta con i vicini.
Finisce la pianura e inizia la prima salitella, ma il ritmo resta quello che avevamo in pianura, quindi inevitabilmente il gruppone inizia pian piano a sgranarsi … davanti iniziamo a guardarci in giro per capire chi c’è e ben presto anche le battute finiscono.
Si abbandona le strada ed entrando nel bosco inizia la salita, quella vera … si procede tutti in fila, il sentiero è stretto ed impervio, dopo poco ci ritroviamo in tre al comando, Rovedatti (l’idolo di casa e vincitore uscente dell’edizione precedente), Prandi (la giovane e talentuosa promessa) ed io, probabilmente a loro sconosciuto.
Ci alterniamo al comando per scandire il ritmo, fino a quando Rovedatti decide di imprimere un’accelerazione che in poco tempo lo fa restare solo al comando; la salita è veramente ripida ma probabilmente lui la conosce bene e sa come affrontarla. Io e Prandi restiamo insieme ancora per un bel po’, nel frattempo il primo è sparito, quando il sentiero spiana anche Prandi allunga e così mi ritrovo solo. “Ok”, inizio a pensare tra me e me che, “se tutto va bene ,sarà un’altra di quelle gare in cui arrivo terzo”.
Poi qualcosa cambia, ricomincia la salita, di quelle belle toste, raggiungo Prandi, lo supero ma lui non tiene il passo, mi torna l’ottimismo e continuo ad allungare fino a tornare a vedere il fuggitivo Rovedatti; siamo prossimi al primo GPM e ormai ce l’ho nel mirino, dopo poco lo raggiungo e mi unisco alla sua fuga solitaria. Mi accorgo di averne di più rispetto alla sua andatura e così decido di rischiarla e parto, inizio ad allungare e lui non risponde e quindi, galvanizzato dalla situazione, continuo a correre come se la gara dovesse finire poco dopo (in realtà eravamo solo a metà percorso).
Sto bene, sono carico, dopo un lungo tratto pianeggiante inizia l’ultima salita, la affronto senza titubanze, mi avvicino al secondo GPM, poi so che inizierà la lunga discesa verso il traguardo. Comincio a vedere qualche persona, e dopo un attimo scoppia il pandemonio, campane trombe e gente che applaude e urla il mio nome, ci siamo, lì poco avanti c’è il punto più alto della gara, la piazzetta di un borgo idilliaco disperso sui monti; salgo la scalinata che porta sotto l’arco gonfiabile spinto dall’entusiasmo dei tifosi e, giusto il tempo di bere qualcosa, mi lancio giù per la discesa che so sarà la parte più problematica per me.
C’è una nebbia pazzesca e non ci sono riferimenti, non riesco a capire quanto manca, poi tutto ad un tratto si libera la visuale ed eccolo lì, poco più sotto non sembra lontano il lago e la zona di arrivo!
Inizio a pensare, “cacchio ho vinto ho vinto non ci credo!” e in quel frangente di entusiasmo perdo la concentrazione, il mio piede decide di finire sotto ad una radice, così cado rovinosamente in mezzo ai sassi. Mi faccio male, costole ginocchio mani faccia ma non sento niente, il problema sono i crampi che mi bloccano le gambe e non riesco più ad alzarmi.
Ecco, penso che sia tutto finito, tanta fatica ed il sogno che si infrange a 500 metri dall’arrivo, aspetto di vedere comparire i miei inseguitori ma nel frattempo con grande fatica cerco di prendere le punte dei piedi per cercare di sbloccarmi…ci vuole un po’ passa qualche minuto ma non arriva nessuno, riesco a rimettermi in piedi e riparto, corro come posso ma corro ,ed ecco la strada, il tappeto che conduce sotto al traguardo e il pubblico che acclama……è finita, ho vinto, ho vinto il Tracciolino trail!!!
Se il mio racconto vi ha appassionato, posso raccontarne un’altra,in caso contrario prendetevela con chi mi ha fatto la domanda.
Una gara invece che non è andata come vorresti e che, se potessi, vorresti rifare ?
Senz’ombra di dubbio la peggior gara della stagione è stata il “Grigne Extreme 42k”. Era già da un po’ che mi frullava per la testa la curiosità di provare un “lungo”, così, complice la vicinanza a casa, ho deciso di provarci. Non avevo grandi aspettative, quindi mi ero preposto di andare piano e gestirmi al meglio per finire tranquillo.
Pronti via, tutti i buoni propositi iniziano a svanire, siamo al comando in tre e poi restiamo in due (fortuna dovevo andare piano); passiamo il primo GPM, inizia la discesa e cado male su una roccia, una gamba è k.o. e così inizio a correre male perdendo terreno. Al km 17 succede l’irreparabile, arrivano i crampi … andiamo bene … mancano solo altri 25 km con giusto quei 2000D+ !!!!
Uno normale probabilmente si sarebbe fermato, io che ho la testa più dura della roccia su cui ero caduto ho deciso di proseguire.
In quei 25 km è successo di tutto, ci si potrebbe scrivere un libro (ma vi grazierò), comunque alternando un po’ di improbabile stretching, degli affettuosi abbracci agli alberi e tratti affrontati in retrorunning (!!!), arrivo all’ultimo ristoro dove mi offrono uno spritz (tanto ormai non capivo già più un cavolo).
Finalmente arrivo in paese, manca poco, l’ultimo km su asfalto lo corro in stile pinguino innamorato… ed è finita!
Se potessi rifarla cosa cambierei? Se fossi ipocrita direi tutto, ma non credo sia possibile, non si è mai vista una volpe inseguire la lepre camminando.
Come imposti i tuoi allenamenti?
Sono la persona più sbagliata che ci sia a cui porre questa domanda … il termine “allenamenti” non si associa bene alla mia figura. Sostanzialmente io corro, indosso le scarpe da trail esco di casa e guardo le montagne in lontananza.
Dopo 3 o 4 km di noiosissimo asfalto sono alle pendici di quello che è il mio parco giochi preferito e li inizia il divertimento! Non pianifico il giro, vado molto a sensazione, normalmente il minimo sindacale sono sempre 15 km, poi nei giorni in cui ho tempo e voglia vado anche oltre i 30 km. Appena entro nel bosco un senso di euforia mi accompagna, mi fa venir voglia di andare più forte, per raggiungere prima le salite che portano in vetta, e poi su, cambia il fondo, i sentieri si fanno più piccoli, iniziano i ghiaioni e poi le rocce e le fantastiche creste, dove non incontri mai nessuno, ci sei tu, il silenzio della montagna interrotto dal respiro affannato e laggiù in basso il caos del mondo, che va sempre di fretta e aspetta il tuo ritorno.
Ovviamente questo non è buon metodo di allenamento, non mi farà mai diventare un fenomeno, ma le poche ore trascorse lassù mi fanno sentire vivo, danno un senso a tutta la fatica che ho fatto per arrivarci e soprattutto mi hanno fatto divertire un sacco!
Tutto questo ovviamente crea dipendenza, quindi più posso farlo più lo faccio!
Oltre alla corsa, pratichi altri sport?
Oltre alla corsa pratico anche il ciclismo, che è stato un po’ il mio primo amore. Ho iniziato a gareggiare quando avevo 11-12 anni, a quei tempi eravamo un po’ i pionieri della MTB. La mia adolescenza è passata tra i banchi di scuola, gli allenamenti e le gare. Bellissimi anni, ma poi quando si diventa grandi (anche se in realtà non lo sono diventato ancora adesso) ci si scontra col mondo del lavoro che lascia poco tempo per allenarsi, così ho deciso di smettere.
Solo tre anni fa sono risalito in sella alla mia amata bici (che mi ha pazientemente aspettato in garage giusto 20 anni) e ho ricominciato a pedalare, senza grosse pretese ma con gran divertimento!
Qual’è il tuo posto preferito? Dove ami correre?
Non ho un vero e proprio posto preferito dove correre, diciamo che mi piace abbinare alla corsa l’emozione di arrivare in cima ad una montagna per ammirare il panorama,oppure percorrere tracciati con passaggi tecnici ed impegnativi che ti danno sempre quell’iniezione di adrenalina che non fa mai male.
Ho avuto l’occasione di trascorrere un paio di settimane nella valle di Livigno, e li devo dire che correre è un sogno, ce n’è per tutti i gusti, dalle creste aeree in quota alle salite “spaccagambe”, attraversando i pascoli in altura, il divertimento è sempre assicurato e soprattutto di asfalto neanche l’ombra!
Dopo gli ottimi tempi fatti vedere sulla Mezza Maratona (1h11’29″), non vorresti provare a testarti anche su una Maratona?
Ho corso solo tre mezze maratone e per la mia gioia mi sono sempre migliorato…beh, è stato relativamente facile partendo da zero, adesso però le cose cambiano, riuscire a migliorare ulteriormente sarà difficile, quindi la mia sfida personale, prima di buttarmi in una maratona, sarà quella di limare ancora qualche secondo sulla mezza.